Bagnanti
La linea d’ombra non separa la gioventù dalla maturità, non separa la ragione dalla follia, pace Conrad. La linea d’ombra dell’ombrellone separa solo l’area del sonnellino dall’area della crema solare.
Per il resto, la spiaggia non ha altri compartimenti, è un universo omogeneo omologo isotopo isocrono, è il ventre accogliente della balena, si sente anche lo sciabordìo, è il luogo della sospensione dei valori e dei criteri della vita ordinaria, in nome della braghetta livellatrice, del duepezzi egalitario, del bermuda democratico e interclassista.
Redistribuzione sociale del gusto, Welfare del pudore, una spiaggia, che non sia una spiaggia privatizzata, è sempre il palcoscenico di un esperimento relazionale, morale e identitario. La costruzione del sé-per-gli altri, la maschera del ruolo, la recita della commedia umana, su una spiaggia sono abolite alla radice, non solo in virtù dell’esiguità dei costumi e degli accessori con cui le si appronta nella vita ordinaria, nei luoghi ordinari della vita. Sono ribaltate nel loro contrario, nell’ebbrezza del vabbé, del chissenefrega, dell’io-sono-come-sono, la dieta non m’è riuscita, la prova costume è stata un disastro e allora? Infradito e via andare, senza rimpianti, anzi un po’ rinfrancati e perfino risarciti, come a una rivincita beffarda, come a un carnevale del solleone. Sulla spiaggia non facciamo figuracce perché siamo figurine: esemplari collezionabili della specie umana impegnati in una particolare performance sportiva, è così che ci ha visto Sivlio Canini, è così che ci ha raccolto in questo suo serissimo album.
Nella spiaggia del nostro match con l’autorappresentazione, ventri e celluliti sono autorizzati, membra sparpagliate qua e là non sono impudiche, ciascuno indossa le proprie imperfezioni, espone la metratura audace delle proprie epidermidi, in qualunque stato di manutenzione siano, e honni soit qui mal y pense. Se poi hai del buono da mettere in esposizione, senza troppi artifici, buon per te: ma sarebbe osceno e ridicolo, qui, chi adoperasse gli stratagemmi che si adoperano nel mondo quotidiano per non esserlo.
Semmai, qui, si passa inosservati se, viceversa, si adottano i parafernalia balneari, paperette e materassini, costumi psichedelici, cappelloni di paglia e occhiali fantasia. Chi più si fa notare, in spiaggia, meno si fa notare. L’anonimato per eccesso, l’eccentricità omologante, ecco il brivido senza rischio che rende unica quell’esperienza estetica estrema che si chiama: vado al mare.
Michele Smargiassi